Speciale giro d'Italia 2011

Storia

GIRO D�ITALIA, NOVANTAQUATTRESIMO CAPITOLO

Il rito si ripete per la novantaquattresima volta, ma nella circostanza il significato � ingigantito dalle celebrazioni per il centocinquantesimo dell�unit� d�Italia. Indubbiamente, in un paese ancora giovane (150 per una nazione non sono poi cos� tanti), il Giro rappresenta uno dei grandi fenomeni di aggregazione. Ogni corridore ha ovviamente i suoi tifosi, ma ad esempio i marchigiani che sostengono Scarponi non lesinano certo applausi per Nibali, e siciliani che seguono Nibali non si tirano certo indietro se c�� da applaudire il marchigiano. Particolari che ovviamente non sono sfuggiti all�organizzazione, tanto che la partenza - il 7 maggio - sar� con una cronometro verso Torino. Inoltre, e scendiamo nella cura dei particolari, il colletto delle quattro maglie sar� un tricolore. Insomma, aggregazione � il termine giusto per dipingere il Giro: la metropoli diventa uguale al paesino quando passa la carovana. I riti sono gli stessi, e si ripetono da 111 anni.


I TEMPI EROICI

La favola del Giro inizia nel 1909. Parlare di ciclismo eroico non � azzardato, basta scorgere qualche foto d�epoca ed analizzare le rare immagini filmate. Strade impercorribili, rigorosamente � o quasi � sterrate, qualche auto al seguito, ma di fatto corridori soli con il loro destino: tecnologia ancora primordiale, bici pesanti e tubolari di scorta portati a tracolla che rendeno ancora pi� complicata la situazione. Subito al primo Giro emerge il dualismo pi� antico, quello tra Luigi Ganna e Carlo Galetti. Ganna � il primo vincitore, Galetti si prende la grande rivincita l�anno dopo. Il Giro comincia sempre pi� a entrare nei cuori di un�Italia molto diversa da quella attuale, un�Italia contadina che si specchia nelle fatiche degli atleti. E� cos� che si impone il primo vero mito del nostro ciclismo, Costante Girardengo. �Vai Girardendo, vai grande campione�� recita una canzone di De Gregori che narra di un ladro amico del ciclista che viene arrestato sul traguardo, tradito dall�amicizia e dalla irrefrenabile voglia di andare ad applaudire il grande Costante sul traguardo


IL FUORICLASSE

Poi, nel 1925, irrompe sulla scena un fuoriclasse assoluto, Alfredo Binda, ed il Giro, si fa per dire, rischia di perdere d�interesse. Binda precede Girardengo dopo un serrato duello, l�anno successivo si arrende a Giovanni Brunero anche per una caduta, ma dal 1927 al 1929 � un dominio assoluto che spinge gli organizzatori ad un fatto che rimarr� senza precedenti. A Binda viene riconosciuto il premio assegnato al vincitore, la straordinaria cifra per l�epoca di 22.500 lire, per rinunciare alla competizione e rendere pi� avvincente una corsa altrimenti scontata. Spazio quindi per Camusso e Pesenti, prima che lo stesso Binda metta a segno la cinquina nel 1933. Gli inizi degli anni �30 sono quelli di innovazioni destinate a lasciare il segno: nel 1931 viene introdotta per la prima volta la maglia rosa, accostamento cromatico con il colore della Gazzetta dello Sport, organizzatrice dell�evento. Due anni dopo, con la Bologna-Ferrara di 62 km, si corre la prima cronometro. E� una svolta che cambia anche l�approccio e la gestione tattica della corsa. Non a caso nel 1934 trionfa Learco Guerra, la leggendaria �Locomotiva umana�. E� il primo anno nel quale, le cronometro iniziano ad avere un peso importante (l�organizzazione ne prevede due): Guerra � straordinario contro il tempo, accumula un vantaggio notevole anche se in montagna deve soffrire il ritorno di Camusso (uno capace di portare attacchi in salita e in discesa).


BARTALI E COPPI

Gli anni immediatamente precedenti al secondo conflitto mondiale introducono il dualismo per eccellenza del ciclismo italiano. Nel 1936 e 1937 brilla forte la stella di Gino Bartali, che si aggiudica la maglia rosa finale per poi arrendersi, nel 1939, alla esperienza di Giovanni Valetti: nella circostanza Bartali � sfortunato, fora sul Tonale e lascia l� le speranze di vittoria. Nel 1940 ecco Fausto Coppi, che nella stessa squadra del rivale storico fa meglio di lui e va a vincere. Inizia una rivalit� che caratterizza il dopoguerra degli italiani. L�Italia pi� conservatrice, cattolica, � con Bartali, l�altra � con Coppi, �scandaloso� nella sua relazione con la dama bianca (entrambi erano gi� sposati), un fatto eclatante per l�epoca. Nel �46 e nel �47 il duello � sul filo dei secondi: 43�� per Bartali, 1�43�� per Coppi. Si fa intanto avanti il terzo campione dell�epoca, Fiorenzo Magni (vince nel �48), ma l�anno successivo � ancora Coppi a trionfare dopo l�epica impresa nella Cuneo-Pinerolo: oltre 190 km di fuga solitaria e 12� inflitti al rivale di sempre. Nel 1950 per la prima volta vince uno straniero, � lo svizzero dai modi raffinati Hugo Koblet, poi dopo una nuova parentesi Magni, Coppi piazza i sue due ultimi acuti.


BUFERE E FUGHE BIDONE

Negli anni seguenti si verificano tanti episodi simbolo. Il primo � una drammatica tappa sul Bondone, in mezzo ad una tempesta di neve dalla quale esce vincitore il fenomenale scalatore lussemburghese Charly Gaul. La maglia rosa � sua, ma l�anno dopo, un po� presuntuosamente, si ferma tranquillamente - troppo - per fare pip� e Nencini, che due anni prima aveva perso il Giro per una alleanza Magni-Coppi, si prende la sua rivincita. In quegli anni viene coniato anche il termine �fuga bidone�: protagonista Carlo Clerici, che sottovalutato dai migliori, accumula una vantaggio enorme in classifica che poi deve solo gestire fino al trionfo finale.


IL CANNIBALE

Gli anni �60 vedono affacciarsi alla ribalta tre italiani: Gianni Motta, Vittorio Adorni e Felice Gimondi. I rampanti del nostro ciclismo devono fare i conti con la classe di Jacques Anquetil, con la sua bravura a cronomentro e la sua capacit� tattica, quindi si comincia ad affacciare sulla scena un giovane belga, tale Eddy Merckx, che di li a poco guadagner� un sinistro soprannome (soprattutto per gli avversari): il �cannibale�. Merckx � uno che non pianifica, inizia la stagione puntando a vincere tutto e spesso ci riesce. Merckx vincer� cinque Giri d�Italia contrastato da un grande Felice Gimondi e dall�emergente Baronchelli (una volta secondo a soli 11��), ed � considerato da molti come il pi� grande ciclista di tutti i tempi.


I TENTATIVI DI MOSER

Dopo l�affermazione di Fausto Bertoglio, che nel Giro del 1975 difende la maglia rosa dall�attacco dello spagnolo Galdos in un incredibile testa a testa finale sul Passo dello Stelvio, iniziano i tentativi verso la rosa di Francesco Moser. Grande passista, Moser si difende bene anche in montagna, ma queste sue qualit� gli valgono solo tanti piazzamenti. Si arrende allo sgraziato quanto discusso (vedere voce doping) belga Pollentier, uno che la bici la maltratta, quindi inizia la rivalit� con il pi� giovane Giuseppe Saronni. Quest�ultimo ha la meglio in due circostanze, e quando non c�� lui, tra Moser e il Giro si mettono l�aquila di Marostica Giovanni Battaglin e le strategie vincenti del �Tasso� Bernard Hinault (tris anche per francese). Sembra una maledizione per Moser, ma in una domenica di giugno del 1984 arriva l�exploit: nella crono finale che si conclude nello scenario dell�Arena di Verona il trentino rimonta su Laurent Fignon e coglie a trentatr� anni un successo inseguito da una vita.


NUOVI ORIZZONTI

Il Giro intanto comincia a parlare altre lingue, e dopo la vittoria dell�irlandese Roche nel 1987 (vincer� anche Tour e Mondiale), l�anno successivo trionfa l�americano Hampsten: in quella edizione c�� l�attacco al Gavia tra freddo e neve, una tappa che molti paragonano a quella del Bondone di pi� di trent�anni prima. Gli anni novanta si aprono nel segno di Bugno, che domina precedendo largamente il francese Mottet, indossando la maglia rosa dal primo all�ultimo giorno. Nasce il dualismo con Chiappucci, ma nessuno dei due vincer� nei giri seguenti: prima � �Coppino� Chioccioli ad incantare tutti, poi ecco Miguel Indurain. Il navarro, fortissimo a cronometro ma inesorabile anche con la sua andatura costante in salita, vince cinque Tour de France, ma piazza anche due acuti al Giro.


IL PIRATA

Il dominio di Indurain � interrotto dal primo atleta dell�est a conquistare la rosa definitiva: si tratta della meteora Berzin, il quale sar� seguito due anni dopo dal pi� costante Pavel Tonkov. Intanto sulla scena si affaccia Marco Pantani, che fa breccia nel cuore dei tifosi giungendo secondo nel 1994 dopo attacchi reiterati in salita. Il suo rapporto con il Giro � tormentato, tra cadute rovinose che lo costringono alla rinuncia e tentativi di ritorno: il Pirata deve aspettare il 1998, l�anno magico in cui vince Giro (dopo un testa a testa con Tonkov) e Tour. Ma il destino avverso per lui � in agguato. L�anno dopo, con la vittoria in tasca, viene fermato per l�ematocrito elevato alla vigilia della penultima tappa: il Giro va a Gotti, per Pantani � un colpo micidiale. Non lo rivedremo mai pi� da protagonista assoluto, e l�ultimo ideale abbraccio della folla, prima della tragica fine del febbraio scorso, � al Giro 2003 nella durissima tappa del Monte Zoncolan.


Il NUOVO SECOOLO

Il resto � storia recente, dall�affermazione di Garzelli nel 2000 alla vittoria di Simoni l�anno dopo. Nel 2002 � ancora tempesta doping, i grandi per vari motivi escono di scena ed a sorpresa trionfa il falco Savoldelli. Nel 2003 torna a colpire Gilberto Simoni, che di fatto domina la corsa senza soluzione di continuit�: gli tengono testa il ritrovato Garzelli e l�ucraino Popovych, allora grande promessa, successivamente mai mantenuta in pieno. Nel 2004 balza agli onori della cronaca Damiano Cunego, che rivisita il copione del giovane rampante che scalza il vecchio campione. Gilberto Simoni per esigenze di squadra deve fare buon viso a cattivo gioco, ma si scatena una rivalit� molto intensa. Nel 2005 � una delle edizioni pi� appassionanti, con una battaglia sullo sterrato tra Savoldelli, Simoni, Rubano e Di Luca che rester� nella storia. Una sfida equilibrata che alla fine con un capolavoro di tattica e forza riuscir� a far propria il Falco bergamasco Savoldelli. Nel 2006 vince nettamente Ivan Basso, un dominatore dall�alto della sua eleganza.


TROPPI COINVOLGIMENTI NEL DOPING

Nell�edizione 2007, viene iscritto per la prima volta il nome di un abruzzese tra i vincitori: Danilo Di Luca. Aveva capito di poter portare la maglia rosa a Milano nel 2005, aveva forse sbagliato programmazione l�anno successivo, quindi ha colto la grande rivincita con una condotta perfetta dalla crono a squadre (importante il ruolo della squadra, la Liquigas) d�apertura alla tremenda tappa dello Zoncolan. Il 2008 � l�anno di Alberto Contador. Lo spagnolo, forse ancora pi� che al Tour, proprio al Giro si rivela fuoriclasse delle corse a tappe. Arriva in punta di piedi, si dice richiamato dall�Astana mentre � in vacanza al mare. Arriva fuori forma, gioca tatticamente in maniera ineccepibile, guadagna brillantezza strada facendo e poi piazza la zampata sulle montagne. Con Riccardo Ricc� � un duello all�ultimo secondo, anche se negli anni successivi il modenese commetter� una serie di sciocchezze in tema di doping precludendosi senza scusanti una brillante carriera. C�� dualismo anche nel 2009. Menchov e Di Luca danno vita ad una appassionante battaglia: la spunta il russo con il brivido finale, una caduta a Roma nella crono di chiusura. Anche Di Luca purtroppo dovr� poi fare i conti con una doppia positivit� al doping. Un termine tremendo doping, che sta accompagnando troppe volte il ciclismo. In questo senso il messaggio di speranza arriva dall�edizione 2010, vinta da Ivan Basso. Nel 2007 e nel 2008 il varesino non aveva preso Il via, travolto dalle vicende dell�Operation Puerto. Basso ha per� ammesso di aver sbagliato, continuando anche durante la squalifica a fare vita da ciclista, ed alla fine ha raccolto i frutti con una vittoria arrivata anche con la forza della serenit�.

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